Filicudi.

Il sito a Felicuda, ch’io abitava chiamasi la Valle della Chiesa.
È questo un picciolo piano all’est, dove la casa del Parroco,
e la Chiesa sorgono a poca altezza, due meschinissime fabbriche
proporzionate alla povertà dell’Isola. Questo luogo adunque non meno
che una spaziosa pendice al sud, ridondan di pomici, così a fior di terra
del tufo, come in ogni interna loro parte.

(Lazzaro Spallanzani, Viaggi alle Due Sicilie, 1788)

Autunno inoltrato, piove, le nuvole coprono ogni brandello di cielo. “Chissà che colore avrà il mare di Filicudi oggi”, penso. Vorrei essere ora uno di quei fichi d’india che coprono l’Isola, fermo e rivolto ad ovest, verso il tramonto. O la brezza fresca che da levante soffia ed il mare che di seguito increspa gradualmente, o i delfini che popolano vivacemente le acque dell’Isola, i coraggiosi terrazzamenti che danno ordine e funzionalità ai ripidi dirupi dell’Isola o i piccoli sassi rotondi che s’accavallano l’un l’altro sulla spiaggia di Filicudi Porto. Ogni elemento trova qui naturale sede e si rivela nella sua estrema purezza. Le mulattiere che percorrono l’Isola ne sono l’esempio più lampante. Antiche strade perfettamente costruite e concepite che suddividono, attraversano, collegano, uniscono e abbracciano ogni angolo dell’Isola. Fino agli anni 70 del secolo scorso qui circolavano solo i muli. Poi è arrivato l’asfalto. Più o meno 5 km. Tanto è bastato per sconvolgere tutto e trasformare radicalmente l’Isola. La corrente è arrivata nel 1986. Così il secondo porto, quello rivolto a sud-ovest.

Terrazzamenti, un ombrellone. Agosto 2021

Ho sempre visto Filicudi da lontano. Dalla prima volta che sono stato alle Eolie, a Salina (ne ho scritto qui), guardando Filicudi dal balcone più bello del Mediterraneo (Pollara), ho identificato l’Isola con una donna incinta, con alle spalle l’edenica Alicudi. Filicudi è madre, così come è fertile la sua terra, che per decine di lustri ha donato (e dona ancora) ai locali capperi, vino e olio di estrema qualità. Il vulcano dominava anche qui, anticamente. Filicudi è la più antica delle isole Eolie. Dei suoi 8 coni vulcanici non rimane che la morfologia che dona all’Isola una conformazione particolare e d’effetto, come descritto sopra.

Filicudi al tramonto da Leni, a Salina. Agosto 2013

L’avevo vista sempre da lontano. Scrutata nella foschia, illuminata dal tramonto. Le tiepide luci di Filicudi Porto che danno colore alla notte che abbraccia la giornata. Quest’estate ho avuto la fortuna di avvicinarmi. Di poterla conoscere e dialogare. Sembrerò un folle, ma a me piace camminare e toccare i muretti di pietra che costeggiano la stretta strada lastricata di pietre vulcaniche, perfettamente incastrate, un tetris più che centenario. Mi piace guardare il mare dalla terrazza di qualsiasi cosa abbia quattro mura e un tetto di paglia, possibilmente al tramonto. Mi piace cristallizzare queste sensazioni pansensoriali. Danno colore al presente (passato) e vigore ai ricordi. Ci aiutano a sottolineare le cose importanti. Filicudi è una di queste ad esempio.

Filicudi da Pollara, a Salina. Agosto 2015

Ho visitato Filicudi in barca a vela con alcuni amici. L’ho vista da ogni punto, da ogni prospettiva. In navigazione, rimanevo in silenzio (strano per chi mi conosce) a guardare l’Isola sfuggire via, lentamente. Un lento addio, come gli addii dovrebbero essere, o forse no. L’Isola intanto è sfuggita comunque, un lento allontanarsi, un lento ritorno a casa, lì o qua? Fugace vaneggiamento.

Già. Agosto 2015

Una delle testimonianze più riconoscibili dell’antica attività vulcanica dell’Isola è il promontorio di Capo Graziano, ad sud-est dell’Isola. Antico vulcano spento, sulle sue pendici sono emerse le rovine di un antico villaggio dell’età del Bronzo (XVIII-XVI sec. a.C.), testimonianza di come Filicudi sia stata antropizzata fin dall’antichità. Nelle profondità antistanti il promontorio, invece, giacciono numerosi relitti antichi e così il loro carico. Qui dal 2008 è stato istituito il Museo Archeologico Sottomarino di Filicudi, visitabile nei mesi estivi con una guida subacquea.

Capo Graziano. Alle spalle Stimpagnato, Canale e Valdichiesa. Agosto 2021

In barca si ha una prospettiva davvero unica dell’Isola, come se fosse un libro aperto. Si coglie nettamente l’antica storia dell’uomo sull’Isola così come la sua antica natura vulcanica. Lo si può leggere nella ruvidezza dei neri pendii della Sciara e nell’imponenza del faraglione la Canna, alto 70 metri, una colonna di magma solidificato piantata in mezzo al mare ad un km dalla costa nord-ovest dell’Isola. Questa meridiana vulcanica non è altro che la rappresentazione dell’ultima attività eruttiva di Filicudi, circa 40.000 anni fa. La Canna è infatti un neck, una formazione vulcanica prodotta dalla solidificazione del magma all’interno di un camino vulcanico. Un “tappo” che riaffiora a seguito dell’erosione del cono vulcanico.

Filicudi vista da Alicudi. Da sinistra, La Canna, lo scoglio di Montenassari, poi l’Isola. La vetta è a 773 metri. Agosto 2021

Superato Capo Graziano, ecco Pecorini a Mare, il secondo porto, quello a sud-ovest. La baia antistante Punta dell’Oranu è omonima alla località. Quando mi sono tuffato qui, sono rimasto a fissare la vita sottomarina sotto di me. Dalla barca si scorge ogni particolare del fondale, in acqua si rimane rapiti. È meraviglioso. Questi s’inabissa gradualmente fino a dissolversi ma consentendo così di vedere le più disparate sfumature di blu. Il cobalto. L’azzurro. Il turchese. L’oltremare. Qualche sarago nuota lungo il precipizio. I raggi penetrano ben oltre i venti metri di profondità e si possono vedere le venature argentee che riflettono sulla superficie del mare ogni qualvolta un raggio le colpisca. Tornando a parlare di Pecorini a Mare, il secondo porto, è un delizioso borgo di pescatori a ridosso dell’omonima spiaggia. Vi sono alcune case, un piccolo molo, un breve ma caratteristico lungomare ed una deliziosa piazzetta che si unisce alla spiaggia, degrada verso essa, e il passaggio dalla pietra liscia della piazza alle pietre rotonde e massicce della spiaggia antistante è senza soluzione di continuità.

Pecorini a Mare. Agosto 2021

A Filicudi ho conosciuto persone straordinarie. A Filicudi non ho pensato a nulla se non all’hic et nunc. Ho cercato di alleggerire il carico, e non c’è miglior metodo che lasciarsi accalappiare dall’Isola. Guardando le case dell’Isola, la loro semplice architettura, sobria ma elegante, immaginando la vita di allora non si riesce ad immaginarla come una vita semplice. Ed io non credo che esistano comunque vite semplici. Esistono invece solo due tipi di vita: quella che si vuole e quella che non si vuole. Parlando con i locali capisci che chi vive qui, vuole vivere qui e cerca di vivere qui, e resistere. A cosa? A quello da cui fuggiamo spesso noi.

Valdichiesa e Stimpagnato. Agosto 2021

In ogni caso, Filicudi non è solo Pecorini a Mare e Filicudi Porto, ma è anche e soprattutto Valdichiesa, ad oltre 250 metri sul livello del mare, così come Stimpagnato, Canale e Rocca di Ciauli, poco più in basso. Ma era anche Siccagni e Zucco Grande, contrade ormai abbandonate e raggiungibili esclusivamente a piedi tramite le decine di sentieri di cui Filicudi è ricoperta. Anticamente era abitata da agricoltori più che pescatori, e nei due porti, prima della modernità, vivevano in pochi. In collina, o “sulla montagna” vivevano in molti, la quasi totalità degli abitanti. 2025 abitanti è il picco massimo documentato della popolazione di Filicudi, anno 1861. Gli abitanti si sono poi dimezzati della metà in 70 anni. L’emigrazione e l’abbandono di case e terre hanno reso quest’Isola sempre più appuntita, estranea, trascendentale, magnetica. E’ un Isola che racconta ancora molto. Ogni pietra racconta la fatica di antichi uomini e donne, la certosina devozione alla coltivazione e all’agricoltura, così al sostentamento. Echi di una vita antica e desueta.

Pecorini a Mare a fine XIX secolo. fonte: archiviostoricoeoliano.it

Oggi gli abitanti sono 250 d’inverno e 3.000 d’estate, in futuro chissà. Viene quasi naturale la voglia di difendere questo luogo, ora col pensiero e frequentandolo quando possibile, un domani ancor di più. Ognuno trova in un’Isola una parte di sé, una nota emotiva celata e remota che trascende il tempo e torna ad allietare i pensieri. Al sottoscritto bastano semplici cose: una casa eoliana, dei fichi d’india, dei muretti a secco, un mare color abisso, delle rocce laviche dal nero con sfumature rubiconde, del flebile vento da sud-est, del profumo di capperi, della malvasia secca servita in un calice e della sensibilità. E cogliere il senso più profondo del luogo. Come a Stromboli, anche qui. Φοινικοῦσσα, luogo felice.

Questo e basta. Agosto 2021

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