La Montagna di Roma

“Dalla vetta non si va in nessun posto, si può solo scendere.”
(M. Corona)

Io credo convintamente che l’animo umano si consolidi nel raggiungimento di qualcosa che riteniamo vicino, tangibile o concretamente ottenibile. Questo può essere un successo professionale, sportivo o umano. Nel mio caso vale anche l’opzione “raggiungere le vette che si vedono da Roma”. L’opzione si traduce nel Terminillo, la montagna di Roma, che svetta imponente sul nord dell’Agro Romano con i suoi 2216 metri. È una montagna ampia e ben visibile, dalla forma appenninica ossia quadrata e mai eccessivamente verticale. Moderata ma comunque montagna, che nasconde paesaggi, vallate, pareti di rara bellezza.

Il versante est. Luglio 2020

L’Appennino è un territorio inaspettato, un’eterna sorpresa, una scoperta e una rivoluzione nell’animo. È una zona impervia in inverno, dove la neve resiste mesi e la temperatura notturna scende per oltre metà delle notti annue sottozero. Ma con l’estate esplode in un caleidoscopio di colori e profumi, con la vita che si accende e vibra nuovamente, lontano dal tepore invernale. Non è come sulle Alpi in cui le nevi perdurano alle alte quote, e in cui il paesaggio rimane spesso sempre lo stesso, è ben diverso, è un’alternanza perfetta del buio e della luce, del caldo e del freddo, del sole e della neve, dell’inverno e dell’estate. In montagna non esistono mezze stagioni, il ciclo è binario, essenziale, asciutto e regola la vita nei territori montani da secoli, se non da millenni. E questo lo si comprende solo girando, guardando e osservando, leggendo e provando a capire quanta storia umana ha attraversato questi luoghi e quanto abbia lasciato ogni generazione in ogni passaggio a beneficio della successiva. In montagna è così, si vive ancora (fortunatamente) nella tradizione e nel rispetto delle leggi naturali dell’uomo. Aldilà di quelle che potrebbero essere le obiezioni, la vita in montagna è totalmente antitetica a quella urbana, e lo si comprende anche solo passandovi una giornata.

Il sentiero dopo il rifugio Rinaldi. Luglio 2020

Il Terminillo mi ha sempre incuriosito: ho passato le mie estati da bambino alle sue pendici, nella casa che i miei nonni hanno (e in cui mia nonna è nata, così la sua famiglia) e dalla quale si ha una vista meravigliosa dell’Agro Reatino. Il Terminillo è alle spalle della casa, distante in linea d’aria meno di 10 kilometri e se ne percepisce la presenza. Mia nonna mi raccontava di un detto locale, che descrive perfettamente l’alternanza binaria della vita di montagna. Semplicemente si diceva che se l’acqua veniva dalla montagna, si prende la roncola e si fa la capanna, se l’acqua viene da Rieti, si prende la falce e si va a mietere. Ed ogni qualvolta vedevo il cielo lentamente scurirsi alle mie spalle, mi fermavo ad osservare il grigio ottenebrante delle nuvole che nel primo pomeriggio giungevano dalla montagna verso valle, cariche di pioggia e foriere di vento freddo.
Sono stato qui per la prima volta con mio nonno, con una vecchia Fiat Uno che ha accompagnato la mia infanzia. Avevo non più di 8 anni: prima tappa a Campoforogna, poi Pian de Valli e la chiesa, una merenda veloce e poi giù di nuovo per i lunghi e raffinati tornanti che si susseguono lungo la strada, mentre mi immergevo nella consultazione dell’atlante stradale per imprimere nella memoria quei nomi, quei posti e quelle storie per non dimenticarle, e magari ivi tornare ed arrivare finalmente in vetta. Ed eccoci al punto.

Il piazzale di Campoforogna e le tre vette in progressione. Luglio 2020

La sveglia suona presto, il tempo di una buona colazione e di vestirmi e parto. Un’ora e mezza e sono a Campoforogna: il viaggio è piacevole, ma ho sulle spalle centinaia di viaggi sulla Salaria tra Roma e Rieti e quindi ne apprezzo ogni kilometro. Mi aspettano Davide ed Elisa, fedeli compagni di viaggio e di salita, che hanno avuto l’idea e mi hanno proposto di salire insieme. Il sentiero è alle spalle del vecchio comprensorio residenziale (lo stile è inconfondibilmente quello del razionalismo italiano) che affaccia sul piazzale di Campoforogna (1664 m). La salita è lenta e graduale, il sentiero ben tracciato ma esposto continuativamente al sole. Fortunatamente le quote appenniniche sanno mitigare la temperatura esterna e conseguentemente non si percepisce molto caldo. La strada conduce sino al bivio per raggiungere la prima delle tre vette che puntellano il sentiero: il Terminilluccio, a quota 1864 metri, con l’arrivo della funivia posto al suo culmine. Il bivio si pone quasi nascosto alla vista per tutta la prima parte del sentiero, dato che si costeggia sempre alla propria sinistra la dorsale sud del Terminilluccio, così da non poter vedere cambiare il paesaggio sottostante al salire. Se ne ha l’opportunità non appena si arriva ad esso, e si rimane colpiti. Si nota la chiesa di Pian de Valli, splendida e maestosa, sullo sfondo giace quieta la città di Rieti, oltre 1500 metri più in basso rispetto a noi, eppure così vicina. Con la macchinetta provo a dargli concretezza.

Due mondi: l’abitato a valle e l’abitato a monte. Luglio 2020

Si sale poi verso destra, seguendo il sentiero che costeggia il versante della seconda vetta di questo percorso: il Terminilletto, quota 2105 metri, sulla cui vetta spicca il rifugio Rinaldi, uno dei balconi più belli di tutto l’Appennino. È passata poco più di un’ora dalla partenza e decidiamo di fermarci su una delle panchine presenti all’esterno del rifugio, con davanti agli occhi quasi tutte le vette che l’Appennino offre. Inizio a spaziare con lo sguardo dal massiccio del Gran Sasso, al monte Velino, ai Monti della Laga, ai Sibillini. Il cielo è sereno, sgombro totalmente da nuvole ed è come avere nelle proprie mani la pienezza del mondo. Il poter vedere lontano, è una scarica di energia, un impulso, un abbraccio con la Terra. La lungimiranza, nella sua accezione più profonda e reale, ci consente di avere sempre un’ampia prospettiva e quindi una maggiore consapevolezza, più elasticità, più opportunità, più curiosità, più ricchezza d’animo. È uno spettacolo rigenerante e che consiglio a chiunque stia leggendo.

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Il rifugio Rinaldi (2105 m). Luglio 2020

La strada che parte dal rifugio Rinaldi per arrivare alla meta finale, la vetta del Terminillo, è in maggior misura più tortuosa della prima parte del sentiero, ma paesaggisticamente meravigliosa. È un susseguirsi iniziale di brevi salite e discese lungo la cresta a sud del rifugio, declinando poi, tramite una ripida discesa rocciosa, verso una sella da cui si avvita il sentiero che conduce alla vetta. La roccia domina a queste quote e le piante lottano e resistono agli agenti atmosferici, alla Natura e al mondo intero, per colorare il paesaggio intorno a me, altrimenti grigio e bianco, ruvido e puntuto, selvaggio. La stele in vetta ci ricorda che più in alto di così non vi è nulla lì, ed è il momento di una meritata sosta. Il paesaggio è appagante e non vi è un briciolo di fatica che non sia ben speso ogni qualvolta si giunge in vetta. Non vi è ragione per non sentire quel brivido che concerne nella possibilità di vedere il mondo con altri occhi, da un’altra prospettiva, avere contezza degli spazi, delle distanze, dei luoghi. Sapersi al centro di qualcosa di meravigliosamente complesso che regola ogni meccanismo umano e naturale.

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La vetta. Luglio 2020

Restiamo oltre un’ora a godere il panorama dalla vetta e ad ammirare la profondità degli spazi attorno a noi. Il vento inizia ad alzarsi e le nuvole provano ad oscurare progressivamente il sole, ma questi non cede. In vetta spesso si fanno alti pensieri, la mente si arricchisce di positività e vigore, in previsione della discesa che dalla vetta conduce al Rifugio Sebastiani (1820 metri). Il sentiero non è sempre agevole, ma si completa in un’ora scarsa. La sua brevità e la sua ripidità, a differenza della salita, più lunga e progressiva, sono elementi che la rendono perfetta metafora della vita. 

Panorama dalla vetta (2216 m) verso est: il Rifugio Sebastiani (1820 m), sito lungo la strada e meta della discesa, alle spalle, in lontananza, il massiccio del Gran Sasso. Luglio 2020

3 risposte a "La Montagna di Roma"

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