“..però che come su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona,
così la proda che ’l pozzo circonda
torreggiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tuona.”
(Divina Commedia, Inferno, canto XXXI, 40-45)
La pioggia è una costante d’autunno, cade indefessa sfumando il paesaggio circostante. Queste colline e questi boschi ne hanno bisogno e questo rende possibile il ciclo stesso della natura, attraverso la sua straordinaria circolarità. I colori sono quelli della stagione, c’è il giallo ocra, il verde, il rosso acceso, il marrone, ci sono cerri, castagni, carpini, querce. C’è un perfetto equilibrio fra tutti gli elementi del paesaggio, una perfetta integrazione morfologica, un ristoro per gli occhi di chi ammira. La Toscana è così, un labirinto continuo di bellezze, così perfette a volte, così semplici perché naturali. Il paesaggio è un dono della natura e in queste terre è stata generosa.

Le torri appaiono poco prima di svoltare, spuntano a sinistra sopra una folta siepe di rovi che sovrasta la superstrada, d’un verde acceso dalle tinte scandinave. Sono torri antiche, stanche ma ancora ferme e vigili nel guardare la valle e controllare il Chianti che si estende a nord. Sono così dal 1213, da quando Siena decise di costruire questo castello che da il nome omonimo al comune, Monteriggioni, e che è ad oggi uno dei pochissimi luoghi nel mondo in cui il tempo di chi entra resta al di fuori le mura, per poi riappropriarsi di te stesso non appena si abbandona questo luogo estemporaneo. Parcheggiata l’auto, in un comodo parcheggio pubblico sottostante il castello, ci incamminiamo verso un tempo lontano.

Costeggiamo le mura per arrivare fino a Porta Franca, da cui si entra nel cuore del Castello, Piazza Roma. La piazza è ampia e vasta, circondata da antiche case e dalla chiesa di Santa Maria Assunta, coeva del borgo perché concepita assieme ad esso. Il nostro ristorante è poco dietro questo enorme spiazzo lastricato di pietra dura e delicate scanalature, nascosto da un piccolo muro di tufo. Il sole va e viene sgomitando con le nuvole ma non asciuga la pioggia caduta sulla piazza. Si sente il rumore dei propri passi scivolare lento, l’aria profuma di autunno e il vento non esita a testimoniarlo.

L’impressione che si ha sapendosi in questo luogo è davvero quella di afferrare un’idea di tempo e di storia che nonostante sembri remota ancora vibra fra i vicoli del Castello. Saliamo su una parte delle mura e lo spettacolo equivale a una posizione privilegiata sulla storia. Le mura sono maestose e possenti, perfettamente costruite e curate, dal colore rosso acceso delle pietre di questo territorio. Il panorama verso l’esterno è variegato e variopinto e si ammira l’inizio del Chianti e il colore acceso dei boschi circostanti. Guardando verso il Castello si ammira la piccola chiesa e il suo campanile da un’altra prospettiva, più ottocentesca, quasi romantica, con gli spazi verdi del giardino interno e i piccoli muri di tufo che dividono gli spazi a rimarcare il concetto.

Scendendo e continuando a girare per il borgo, rimaniamo in silenzio e camminiamo, fino a fermarci su una panchina in un piccolo ma ben curato giardino pubblico dietro la piazza, quasi a ridosso dell’altra porta della città. Il silenzio è spezzato dalla voce di qualcuno che cammina ma mantiene un suo status di sottofondo senza rovinare l’atmosfera. Le case hanno le persiane chiuse e le luci sono spente, si respira un po’ di malinconia pensando a questo luogo vuoto. Continuando a camminare, il borgo si gira in 10 minuti ma quasi viene voglia di camminare senza meta volgendo lo sguardo alle mura e le sue torri. È un luogo bello e significativo, testimonianza attiva di un’epoca complessa e remota. È un regalo a voi stessi.

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